FOTOGRAFIA: I MONDI CHE NON ESISTONO PIU' E ALTERNATIVI VISTI DA STEFANO PENSOTTI
MONDI CHE NON ESISTONO PIU’ E MONDI ALTERNATIVI
Riflessione sul viaggio e sulla fotografia”. Quattro reportage fotografici su Mali, Arunachal Pradesh, Kirghizistan e Italia del fotografo Stefano Pensotti
A cura dell’associazione culturale Le Vie dei Venti che dal 1994 opera a Varese presso la Sala Montanari con il patrocinio del Comune
SABATO 10 DICEMBRE alle ore 2100 Sala Montanari a Varese, il noto fotografo viaggiatore Stefano Pensotti ci propone una video proiezione dal titolo “MONDI CHE NON ESISTONO PIU’ E MONDI ALTERNATIVI-Riflessione sul viaggio e sulla fotografia”
Quattro reportage fotografici su Mali, Arunachal Pradesh, Kirghizistan e Italia “La vera arte della fotocamera sta nello svelare qualcosa di nuovo, di personale, di rivelatorio. Se veramente volete stupire il vostro "fruitore", offritegli lo shock del "familiare" un'immagine diversa di un soggetto davanti al quale passa tutti i giorni. C'è la possibilità che non l'abbia mai visto così. Una fotografia ha bordi, il mondo no. Penso che i fotografi più seri comprendano che esiste un grande divario tra il mondo e come lo stesso appare attraverso una fotografia.” Stephen Shore Stefano Pensotti ci propone una serata di riflessione attraverso i suoi splendidi scatti in giro per il mondo. Una sintesi dei grandi cambiamenti subentrati in oltre 35 anni di attività sia nel modo di viaggiare che nella fotografia. Un percorso che ci porterà da mondi ormai scomparsi a mondi alternativi.
I suoi servizi sono stati pubblicati da numerose riviste italiane e straniere, il suo lavoro è stato esposto in mostre in tutta Italia. Molti riconoscimenti internazionali, tra cui vincitore del Premio Chatwin 2007 per il reportage fotografico, selezionato tra i migliori 100 autori al Travel Photographer Of The Year 2011, Premiato al Siena International Photo Award 2016. E’ il vincitore assoluto del Travel Photographer Of The Year 2018. Nel 2019 nuovamente selezionato tra i migliori 100 fotografi al Travel Photographer Of The Year ed al HIPA di Dubai.
Dal marzo 2020 la “pandemia” ha stravolto l’intero mondo segnando, in modo diverso, ognuno di noi. Per i fotografi è stato difficile adattarsi a una distanza diversa da quella di messa a fuoco e riporre le fotocamere, come per i viaggiatori rinunciare a quelle partenze agognate. Abbiamo visto i social media e le piattaforme di condivisione fotografica saturate dalle immagini di pizze, mascherine gettate a terra, piazze vuote ed ospedali pieni, di postazioni di smart working e così via sino ad arrivare alla nausea da banale fotografico. Ma questo “stop” è stato anche un momento opportuno per una riflessione sulla fotografia di viaggio. Questo terzo millennio si è annunciato per i fotografi di reportage geografico con un immaginario “fotografico" saturo di inquadrature e soggetti che sconfinano nell'esotico a tutti i costi, modelli da emulare per le proprie fotografie. L’occhio abituato al cliché, alla ricerca di quel soggetto, quella composizione, quei colori. Si viaggiava alla ricerca della "location", del luogo famoso, alla ricerca del punto di ripresa più gettonato sul web, sulla guida, sulla rivista. Così, inconsapevolmente, producendo immagini ripetitive, simili tra loro, immagini noiose. La verità è che parole come creatività ed originalità non si applicano facilmente in un mondo dove chiunque scatta fotografie. Questo stop per alcuni è stato la possibilità di comprendere che la fotografia ha un senso quando trova soggetti davvero originali, quando è la narrazione della "propria, individuale percezione del mondo". I soggetti di questa ricerca possono essere per nulla esotici, può essere semplicemente la piazza dietro casa, in una tranquilla periferia cittadina. Vecchi muri scrostati e cartelli d’alluminio, l’ombra di alberi cresciuti a stento, insegne al neon e gli amici di sempre. Un’ultima opzione, una riflessione: il mondo raccontato può essere quello interiore.
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